Bella
si erge l’aquilegia e china il suo capo.
È
emozione? O è spavalderia?
Voi
non lo indovinate.
da Frühling, J.W.Goethe
L’aquilegia è fiorita
in questi giorni in Appennino. La si può incontrare nell’Alta Valle del Reno, lungo
il sentiero CAI 169, dalle parti di Posola e di Canal di Sasso, uscendo al sole, dalla
macchia di nuovo verde, tra il giallo della ginestra del carbonaio e il fiore bianco
e pendulo dell’orniello. Si fa notare per il colore blu intenso e la forma strana della sua corolla, come un cappello da giullare rovesciato.
E’ un fiore
appariscente ma che sfugge e non si lascia indovinare, come dice Goethe. Il suo
nome ha radice al tempo stesso nell’acqua e nell’aquila. E’ come se nascondesse
un segreto ed infatti uno dei suoi nomi volgari è Amore segreto. In Francia lo
chiamano Dame honteuse, oppure Ancolie,
che rimanda a malinconia, sentimento ambiguo e sfuggente, spesso frutto dell’amore
sventurato o non corrisposto.
Fiore dell’amore triste, richiama la leggenda di
quei longobardi che vissero anche queste contrade di confine: la nobile
Teodagne che, sposa dell’infedele Rutibando, decise di trasformarlo con un
incantesimo in un’aquilegia per salvarlo comunque dalla furia assassina delle
altre donne, in collera con lui.
Fiore
dell’amore tradito, come quello di Ginevra d’Este, ritratta da Pisanello, tra
garofani e aquilegie, per raccontare il suo triste destino di giovane moglie tradita
da Sigismodo Maltesta e da lui avvelenata per sentirsi libero di amare un’altra
donna. Anche il dipinto che la ritrae nasconde un segreto, nella fitta macchia punteggiata di aquilegie, alle spalle della giovane.
E’ difficile non
lasciarsi catturare dal fascino ambiguo dell’aquilegia, ma è meglio non indugiare, affrettare il passo
e raggiungere i compagni di strada, prima di rimanere vittima dei suoi segreti e
dei nostri pensieri più inquieti e malinconici
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