lunedì 11 marzo 2013

Le pietre sono parole

Selenite e laterizio a Pieve di Pastino
Camminiamo tra le pietre quasi senza accorgercene. Di selenite e laterizio è fatta l’ultima escursione. A Pieve di Pastino, sopra Ozzano dell’Emilia, quelle che sembrano ad uno sguardo superficiale case abbandonate, sono invece i resti di una antica pieve medievale che ha le sue radici forse  in epoca romana.  L’abbraccio con cui il laterizio avvolge la selenite di una delle case diroccate, racconta al camminatore la storia di una Pieve che nel Medioevo governava su molte anime tra Bologna e il Mugello, lungo l'antico tracciato della Flaminia Minor. Grossa pietra angolare della casa, la selenite continua a sorreggere questo rudere dopo secoli, anche di fronte all'indifferenza degli uomini per il patrimonio culturale. Brilla come vetro alla luce del sole, come secoli fa quando faceva parte del tempio di Pan, da cui si dice che la Pieve derivi, oppure quando ornava gli edifici pubblici di Claterna, prima che la caduta dell’Impero Romano e la paura nelle contrade di pianura ne facessero materiale di riuso in collina, al seguito delle popolazioni in fuga.

lunedì 4 marzo 2013

Tu chiamale se vuoi...percezioni/2

Intorno ad un palo della luce
Si fotografa solo ciò che si vuole vedere. Questo pensiero è venuto di fronte a un palo della luce posto tra la macchina fotografica e un bel panorama sui calanchi e la pianura padana presso Settefonti. Prima ho armeggiato con l’obiettivo senza risultato e poi mi sono spostato per scartare il palo ed eliminare il filo elettrico dalla mia inquadratura. E come me altri del gruppo in escursione. Perché? Perché si fotografa solo ciò che si vuole vedere. Perché non si vuole vedere il palo della luce? Semplice. Perchè è brutto. Perché rovina la fotografia e il panorama-cartolina che vogliamo riprodurre e portarci a casa. Perché quella bella immagine è ciò che cerchiamo, che ci aspettiamo o che abbiamo già visto, magari senza ricordarlo. Ma il palo c’è e serve e dice qualcosa di quel territorio. Come il palo esiste la cabina dell’energia elettrica, il cartellone pubblicitario di una nuova lottizzazione a basso consumo energetico, la sgraziata scritta spray sul muro di un ragazzo innamorato, gli infissi in alluminio anodizzato di una casa di chiassosi mattoni rossi, il grande cancello elettrificato di una villa che impedisce di vedere la valle. E tutto ciò passa davanti al nostro sguardo e racconta e dice qualcosa del paesaggio e anche del nostro mondo, come quel bel panorama che abbiamo scelto di fotografare. 

Tu chiamale se vuoi...percezioni/1

Vedere nascere una collina
Salendo da Maggio si può assistere a come nasce una collina. Si lascia alle spalle la pianura padana e la trafficata Via Emilia e si tengono di fronte i crinali assolati del Parco dei Gessi, ma volgendo lo sguardo di lato, subito dopo un vecchio macero da canapa, ornato di canneto, si assiste a un dolce arrotondarsi della terra, assecondato dalla pulizia dei terreni coltivati, che ne fanno come una lunga e docile groppa animale. A questa prima ne segue una seconda, un po’ più pronunciata, solcata da un fosso e una strada bianca che conduce a una vecchia casa di campagna, ristrutturata di recente. E’ a questo punto che il piede incontra la salita e la strada dritta sale a S. Pietro di Ozzano e alla sua torre medievale, ultimo residuo di un castello distrutto e franato, dopo essere stato per secoli rifugio dai pericoli di una pianura insicura e malsana. 

Paesaggio sonoro animale 
Quando si entra a piedi a S. Pietro di Ozzano, magari in tanti come durante un’escursione, si è accolti da un primo latrato di cane. Comincia un robusto maremmano dalla prima casa, che dà la voce alla coppia canina di quella successiva, che la passa al labrador della villetta a schiera, che lo rimanda a un bastardino saltellante in un giardinetto curato, che rilancia ad un burbero boxer che si intravvede nei radi buchi di una fitta recinzione. Giunti in cima, alla torre, questo molteplice e assordante coro si fonde e si completa per poi smorzarsi e tacere con il nostro dileguare dalla vista e dall’odorato. In questo piccolo borgo medievale della prima collina bolognese ci si poteva aspettare, di domenica mattina, il suono di una campana che chiama alla Messa, il richiamo di una madre ai figli che giocano in cortile, il rumore di un trattore che prepara il terreno alla semina. Niente di tutto ciò. Cani innervositi dietro cancellate metalliche, alte siepi e recinzioni plastiche di finta edera, vigilati da impianti di video sorveglianza, proteggono dallo sguardo del passante la proprietà privata, la preziosa tranquillità del fine settimana di abitanti immersi nel silenzio delle relazioni sociali e nell’abbaiare dei loro cani. E’ così che un paesaggio sonoro animale racconta qualcosa dell’insicuro abitare umano.