Bologna sotto la neve di oggi |
Mi è
tornata alla mente una considerazione che faceva quel grande saggio che è stato
Mario Rigoni Stern. Una volta i
nostri vecchi avevano l’abitudine di segnare sul calendario il tempo
atmosferico delle giornata a cui seguiva il lavoro svolto nei campi, nell’orto,
nella legnaia o nel bosco, nella stalla come negli ovili o nel magazzino. Nel
tempo e negli anni quel calendario diventava come un diario dove le ricorrenze
metereologiche si mescolavano con le scadenze della mietitura, della vendemmia,
del dissodamento, dell’aratura, del legnatico, che si intrecciavano con le feste
civili e religiose, con i fatti della vita e della famiglia: le nascite, le
morti, i matrimoni. E’ così che il tempo meteorologico diventava tempo di vita
e non è un caso che anche le parole di certe lingue riuscissero a mantenere il
senso profondo di un legame con la terra abitata, con il paesaggio a cui si
sentiva di appartenere.
In Sentieri sotto la neve, Mario Rigoni
Stern ricorda come nell’antica lingua cimbra, quasi scomparsa dall’Altopiano
di Asiago, la neve aveva tanti nomi diversi per ogni stagione, per ogni
paesaggio.