mercoledì 29 ottobre 2014

Il passo del Cinno

Bruno Monti: il Cinno
Bruno Monti ha fatto il suo ultimo passo in questo mondo ed erano in tanti a salutarlo presso il Municipio di Casalecchiodi Reno. Per alcuni è già oltre, per molti rimarrà sempre, per altri è cenere in un’urna. Molti hanno un ricordo intenso di lui e pensieri e parole più adatte di queste, perché hanno goduto della vicinanza, dell’affetto, dell’amicizia e della solidarietà della sua persona.
Ora Bruno ha varcato la soglia del ricordo e l’ha fatto con il suo passo da partigiano e proprio questo passo vorrei tenermi caro. Il movimento deciso e ampio delle sue gambe corte e quella spinta in avanti del suo piccolo corpo, che trasmetteva certezza e determinazione nella direzione, insieme a slancio ed entusiasmo. Sono convinto che era lo stesso passo che fece quando nell’aprile del ’44 entrò nella 63°Brigata Bolero, a sedici anni, per fare da raccordo tra i GAP cittadini e i gruppi della montagna, con il nome di battaglia "il Cinno", il ragazzino. Era lo stesso passo che fece quando varcò la soglia del carcere tra il marzo e l’aprile del ’45, prima di vedere la liberazione di Bologna. Lo stesso che lo portò a seguire un’ideale in Unione Sovietica, da cui tornò senza mai raccontare tutto fino in fondo. Era il passo con cui apriva la porta di centinaia di aule scolastiche per raccontare ai bambini e ai ragazzi che cos’è stata la lotta di Liberazione e le ragioni della Resistenza, senza mai pensare che fossero del tutto al sicuro nelle istituzioni repubblicane. Era quel passo che lo portava spesso a Monte Sole a raccontare da testimone la storia di una strage che ancora lascia increduli e che lo ha portato, pochi giorni prima della fine, ancora una volta sul luogo dell'Eccidio del cavalcavia del 10 ottobre del '44. 

martedì 21 ottobre 2014

Camminando intorno al Monte Pisanino

Monte Pisanino
Ci sono storie che fanno un paesaggio. Così almeno capita camminando sulle Apuane. Appena usciti dall’abitato di Vagli di Sopra, il sentiero 177 sale ripido al cospetto della Roccandagia, fino al verde prativo di Campocatino, seminato dalle vecchie e stentate casupole dei pastori, oggi ristrutturate per sobri soggiorni estivi, per poi tuffarsi in un bosco di faggi inquieti, tra rocce aspre. Rimanendo in costa e curvando verso SO, si esce al sole di questo ottobre estivo e gli occhi vengono colpiti da un’abbagliante luce bianca, tra il folto degli alberi, tanto che le mani cercano appoggio al ripido pendio del monte per tenere l’equilibrio. Sotto di noi si aprono le voragini squadrate delle Cave Campaccio e Scagli, Freddia e Bacalario percorse dalle nervose strade bianche del marmo. Si cerca ristoro da tanto chiarore volgendosi al cielo sereno dove in alto spicca la perfetta forma piramidale del Monte Pisanino. Una montagna come quelle che si disegnavano da bambini sui quaderni a quadretti, con due tratti netti che si congiungono in un punto a formare un angolo acuto, come la punta di quegli aeroplani di carta che solcavano, per un breve tratto, l’aria sospesa dei pomeriggi di gioco. Sembra di poterla toccare con la mano questa montagna tanto la sua imponenza la rende prossima. Lo sguardo sembra poter colmare in un balzo la distanza, mentre sono almeno due i chilometri che ci separano, e non solo quelli.

mercoledì 15 ottobre 2014

Perdere spazio


«Una volta un indirizzo stradale era un codice che si riferiva a un’area della mappa di una città disegnata secondo la geometria metrica, in cui sono definite le distanze. Con la nuova tecnologia la distanza scompare. Non si riduce solamente, come avveniva prima, quando le distanze si accorciavano grazie a un cavallo o a un aereo. Oggi vengono annullate, e quindi il nostro nuovo indirizzo è l’indirizzo del telefono cellulare o del computer, che funziona ovunque ci si trovi e permette di inviare messaggi ovunque sia il destinatario. In un certo senso non abitiamo più lo stesso spazio dei nostri genitori. Abbiamo cambiato spazio, e questo cambiamento è fondamentale sotto molti aspetti».

Con la rivoluzione digitale, quale spazio abitiamo? Bambini e giovani sono già nativi digitali e il loro luogo di nascita e di vita, la dimensione preferenziale del loro abitare è sempre più quella digitale, con una percezione dello spazio che è già altro rispetto alla distrazione e alla dispersione che caratterizzano le generazioni che stanno affrontando il digital divide. Siamo oltre la dimensione dell’essere fuori luogo che determina l’esperienza dello spaesamento, della dislocazione, dell’a-topia. Siamo nell’e-topia: siamo in un altro spazio che può prescindere dal corpo, semmai lo re-inventa, reinventando sé stesso.
Anche per quanto riguarda l’esperienza del paesaggio, la dialettica indigeno/straniero, insider/outsider è da riconsiderare e da ricollocare in relazione ad uno spazio che viene sempre meno percepito dai sensi e sempre più frammentato e reinterpretato dal bit e ricomposto e rappresentato in pixel come una realtà parallela e a volte più significativa di quella fisica.

lunedì 13 ottobre 2014

Camminare fuori e leggere dentro


Luigi Ghirri - Alpe di Siusi
"L’attività escursionistica sta riscuotendo, in questi anni di spaesamento, un grande interesse sotto il profilo della domanda di turismo alternativo. Il bisogno di conoscenza del territorio sembra interessare fasce sempre più larghe di utenza, soprattutto laddove cresce l’esigenza di ritrovare dimensioni nascoste in aree che, fino ad un recente passato, venivano rubricate come ovvie e scontate o ridotte alla stregua di declinazioni banali del deja vu. La ricerca dell’altrove ha rappresentato, da sempre, una delle ragioni più forti di spostamento per i gruppi umani alla scoperta dell’esotico. Non deve trarre in inganno il fatto che, nella nostra società tecnologica, si viaggi molto, nonostante che la cultura del viaggio attraversi un forte declino. Paradossalmente, proprio nel momento storico in cui tutti viaggiano, in realtà pochi realmente viaggiano. La ricerca dell’esotico, anche per la facilità dei mezzi di comunicazione e di trasporto, è diventata un falso esotico di lontananza in cui la distanza geografica sembra annullata dall’omologazione culturale e di costume. La successione seriale di non-luoghi offre scenari sempre più spersonalizzati e mortifica quella libidine della scoperta e della conoscenza che la narrazione omerica ci ha consegnato. Per queste ragioni, legate alla crescita esponenziale dell’inautenticità del viaggio turistico, sta emergendo la voglia di conoscere ciò che ci sta vicino e che rappresenta ormai una dimensione esotica di prossimità. L’escursionismo montano può diventare, allora, una risposta intelligente di fronte ad un preoccupante ed inarrestabile processo di de-territorializzazione. La stessa parola escursionismo denuncia una volontà di uscire fuori dai confini materiali e simbolici, di aprirsi all’alterità delle relazioni umane e, soprattutto, all’altrove di luoghi ritrovati nella loro specifica identità e storia.