martedì 25 febbraio 2014

Il fascino di una mappa


Il Portule, la montagna di Mario, nella carta CAI
“Chiunque, o chi almeno sa leggere e scrivere, dovrebbe essere in grado di interpretare una carta topografica e su questa distinguere e vedere la superficie riprodotta. Prima di un’escursione, o anche di una semplice passeggiata, avanti di muovere i primi passi, è sempre utile studiare il percorso, immaginarlo nei dislivelli, nelle difficoltà e nelle distanze; pensare ai luoghi di sosta o di riposo, pensare alle strade, alle mulattiere, ai sentieri che seguiremo; ai boschi e ai pascoli; alle contrade, alle case o ai rifugi che incontreremo; alle superfici nude, alle rocce, alle salite facili o difficili che affronteremo. Ma una carta topografica ben fatta è anche un meraviglioso libro di storia naturale. Oggi, poi, che le moderne tecniche come la fotogrammetria aerea o da satellite possono darci carte come quelle che consulteremo, ogni cosa appare immediata anche a un occhio semplice ma attento, e sarà facile rintracciare un monte, una sorgente, un bosco, una busa, un canalone, una quota, come dall’alto di un uccello in volo. E poi, quando saremo ritornati a casa, anche a distanza di tempo e di luoghi, riguardando la carta ci sembrerà di rivivere la nostra escursione e di goderne ancora nel ricordo."
Mario Rigoni Stern

lunedì 24 febbraio 2014

Vedere il paesaggio


"Il paesaggio è ciò che si vede dopo avere smesso di osservare."

Gilles Clément - Thomas et le Voyageur, p.14

mercoledì 19 febbraio 2014

Silenzi e rumori a Monte Venere

Cà dell'Uomo Morto, civico 8
A volte si esce in escursione perché si risponde ad un’urgenza, perché si insegue un pensiero che ti fa alzare la testa. Spesso si esce perché si sente il bisogno fisico di dare un corpo al respiro, di sentire i polmoni fare del vento un boccone.
“Io ero, quell’inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo mi sono messo a raccontare. Ma bisogna dica ch’erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto. Da molto tempo questo, ed ero col capo chino”. Prendo a prestito parole note e importanti di Elio Vittorini per descrivere lo stato d’animo di una domenica mattina, durante la lettura dei quotidiani online, mentre fuori la pioggia ha appena smesso di battere l’asfalto. Il capo è chino sugli editoriali, i furori non sono proprio astratti ma certamente non eroici, né vivi, almeno finché l’occhio non cade su questo articolo: alla ricerca del silenzio perduto. 
Nello zaino infilo la carta dei sentieri del Comune di Monzuno, un piccolo ombrello, il blocco note, pane e salame e un libro: Il paesaggio e il silenzio di EugenioTurri. Non per leggerlo ma per tenere fermo quel pensiero che mi ha fatto alzare la testa e prendere la porta di casa e salire in Appennino. Da solo. In silenzio.

martedì 4 febbraio 2014

Nascere smarriti

Josè Saramago
“La cosa più abbondante sulla terra è il paesaggio. Anche se tutto il resto manca, di paesaggio ce n'è sempre stato d'avanzo, un'abbondanza che solo per un miracolo instancabile si spiega, giacché il paesaggio è senza dubbio precedente all'uomo e nonostante ciò, pur esistendo da tanto, non è esaurito ancora.
Sarà perché costantemente muta: ci sono epoche dell'anno in cui il terreno è verde, altre giallo, poi marrone o nero. E anche rosso in certi luoghi, che è il colore dell'argilla o del sangue versato. Ma questo dipende da ciò che nel terreno si è piantato e si coltiva, o non ancora, o non più, oppure da quello che vi è nato naturalmente, senza mano d'uomo, e giunge a morte solo perché è arrivata la sua fine. […] Quanto paesaggio. Un uomo vi può girovagare tutta una vita e non trovarsi mai, se è nato smarrito. E gli sarà uguale di morire giunta la sua ora.”
 

lunedì 3 febbraio 2014

Siamo una frana

La mappa delle frane in Emilia Romagna
L’articolo del Corriere della Sera di questi giorni sembra un bollettino di guerra. Elenca le strade della provincia interessate dalle frane sull’Appennino. Le piogge sono state copiose e costanti, a tratti  violente e così continuerà per altri giorni. Fiumi come il Reno e il Secchia si sono ingrossati e gli allarmi della Protezione civile si susseguono sulla base delle previsioni meteorologiche. Lungo tutto il crinale appenninico i fronti franosi si sono rimessi in movimento. La montagna ha ripreso il suo cammino verso valle.
Niente che non fosse prevedibile. Le mappe regionali e nazionali  delle frane descrivono la storia e la dimensione del dissesto idrogeologico del nostro paese come una grande questione nazionale, al pari della disoccupazione giovanile, della lotta alle mafie, delle riforme istituzionali, ma senza la stessa attenzione.  La maggior parte delle cronache raccontano con toni allarmati solo l’emergenza ma non  sempre scavano sotto la superficie della notizia del giorno. Preferiscono far franare a valle dell’opinione pubblica episodi tragici, vissuti difficili, immagini desolanti e invettive estemporanee, come detriti della comunicazione, perché tutto si fermi lì, fino alla prossima emergenza. Raccontano spesso la stessa storia: la tranquilla vita dell’uomo sconvolta da una natura scatenata e ostile. Ma è proprio così?