lunedì 16 marzo 2015

Il sottile inganno di un'escursione

Il ragazzo rapito di Robert Louis Stevenson
“Incominciai il mio piccolo pellegrinaggio nel più invidiabile di tutti gli stati d’animo: quello nel quale una persona, con una quantità sufficiente di denaro e uno zaino, volta le spalle a una città e avanza all'interno di una regione che conosce solo sulla base di una vaga relazione di altri.
Un tipo del genere non ha rinunciato al suo desiderio e non ha contrattato le sue prossime cento miglia, come un uomo in ferrovia. Egli può cambiare idea a ogni palo segnavia e, dove le strade si incontrano, può seguire liberamente vaghe preferenze e percorrere la strada bassa o quella alta, scegliere l’ombra o il pieno sole, sopportare di essere tentato dal sentiero che curva repentinamente dentro i boschi o dalla strada ampia che si stende in lontananza aperta davanti a lui, e gli mostra le guglie distanti di qualche città, o una catena di cime di montagne, o una linea di mare, forse, lungo un basso orizzonte. In breve, egli può gratificare ogni sua fantasia e capriccio, senza una fitta di biasimo della coscienza, o l’ultimo colpo al suo amor proprio.

E’ vero, peraltro, che la maggior parte degli uomini non possiede la capacità del libero agire, il dono senza prezzo di essere capaci di vivere solo del momento; e quando cominciano ad avanzare nel loro viaggio, scopriranno per caso di essersi creati dei nuovi vincoli. Progetti insignificanti che possono aver concepito per un momento, tra il serio e il faceto, diventano ferree leggi per loro, non sanno perché. Saranno trascinati per il naso da quelle vaghe dicerie di cui ho parlato sopra; e il puro e semplice fatto che il loro informatore abbia menzionato un villaggio e non un altro forzerà  i loro passi con inesplicabile vigore. E ancora un po’ di tempo, ancora qualche giorno di questa libertà fittizia, ed essi incominceranno a sentire voci imperiose che li richiamano indietro; e qualche passione, qualche dovere, qualche aspettativa degna o indegna, metterà la mano sopra le loro spalle e li ricondurrà sui vecchi sentieri.
Prima o poi ne abbiamo fatto tutti l’esperienza. Ne conosciamo la fine molto bene. E tuttavia se lo facciamo per la centesima volta domani, avrà lo stesso fascino di sempre; il nostro cuore batterà e i nostri occhi brilleranno, mentre lasciamo la città dietro di noi, e sentiremo ancora una volta (come l’abbiamo sentito tanto spesso prima) che ci stiamo liberando per sempre dalla nostra vita intera vita passata, con tutte le sue colpe e follie e limitazioni, e stiamo avanzando come nuove creature in un mondo nuovo.”

Robert Louis Stevenson, Un effetto autunnale, in Edimburgo e tre passeggiate a piedi, Franco Muzzio Editore, 1996 

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