Il ragazzo rapito di Robert Louis Stevenson |
“Incominciai
il mio piccolo pellegrinaggio nel più invidiabile di tutti gli stati d’animo:
quello nel quale una persona, con una quantità sufficiente di denaro e uno
zaino, volta le spalle a una città e avanza all'interno di una regione che
conosce solo sulla base di una vaga relazione di altri.
Un tipo del genere non ha
rinunciato al suo desiderio
e non ha contrattato le sue prossime cento miglia, come un uomo in ferrovia.
Egli può cambiare idea a ogni palo segnavia e, dove le strade si incontrano,
può seguire liberamente vaghe preferenze e percorrere la strada bassa o quella
alta, scegliere l’ombra o il pieno sole, sopportare di essere tentato dal
sentiero che curva repentinamente dentro i boschi o dalla strada ampia che si
stende in lontananza aperta davanti a lui, e gli mostra le guglie distanti di
qualche città, o una catena di cime di montagne, o una linea di mare, forse,
lungo un basso orizzonte. In breve, egli può gratificare ogni sua fantasia e
capriccio, senza una fitta di biasimo della coscienza, o l’ultimo colpo al suo
amor proprio.
E’
vero, peraltro, che la maggior parte
degli uomini non possiede la capacità del libero agire, il dono senza prezzo di
essere capaci di vivere solo del momento; e quando cominciano ad avanzare
nel loro viaggio, scopriranno per caso di essersi creati dei nuovi vincoli.
Progetti insignificanti che possono aver concepito per un momento, tra il serio
e il faceto, diventano ferree leggi per loro, non sanno perché. Saranno
trascinati per il naso da quelle vaghe dicerie di cui ho parlato sopra; e il
puro e semplice fatto che il loro informatore abbia menzionato un villaggio e
non un altro forzerà i loro passi con
inesplicabile vigore. E ancora un po’ di tempo, ancora qualche giorno di questa
libertà fittizia, ed essi incominceranno a sentire voci imperiose che li
richiamano indietro; e qualche passione, qualche dovere, qualche aspettativa
degna o indegna, metterà la mano sopra le loro spalle e li ricondurrà sui
vecchi sentieri.
Prima
o poi ne abbiamo fatto tutti l’esperienza. Ne conosciamo la fine molto bene. E tuttavia se lo facciamo per la
centesima volta domani, avrà lo stesso fascino di sempre; il nostro cuore
batterà e i nostri occhi brilleranno, mentre lasciamo la città dietro di noi, e
sentiremo ancora una volta (come l’abbiamo sentito tanto spesso prima) che ci stiamo liberando per sempre dalla
nostra vita intera vita passata, con tutte le sue colpe e follie e limitazioni,
e stiamo avanzando come nuove creature in un mondo nuovo.”
Robert Louis Stevenson, Un effetto autunnale, in Edimburgo
e tre passeggiate a piedi, Franco Muzzio Editore, 1996
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