martedì 23 luglio 2013

La sosta

Una sosta di giorno
Per ogni giornata di cammino c’è sempre un luogo di sosta. Durante la Barbiana Monte Sole i punti tappa hanno avuto nomi diversi: La Bottega di MonteGiovi, l’Albergo Ristorante da Dino a Olmo, La Pieve a S. Piero a Sieve, il Camping Il Sergente a Monte di Fo, l’Albergo Musolesi a Madonna dei Fornelli, Il Poggiolo a Monte Sole. Sono eleganti stanze in case per viandanti, comode doppie e triple d’albergo, camerate con impervi letti a castello, oppure essenziali e funzionali bungalow e questa varietà di camere e di letti che ogni sera ci accolgono fanno parte del paesaggio e del viaggiare a piedi.
Al traguardo della giornata si arriva spesso stanchi. Si dividono e si compongono le stanze, cambiando spesso compagni, con quella sensazione di essere arrivati in un porto sicuro, dopo una navigazione incerta e difficoltosa. Si disfa lo zaino ogni sera quel tanto che serve per cambiarsi e lo si riordina ogni mattina prima di partire e nella contabilità degli indumenti usati e da usare si misura la durata del viaggio, quello fatto e quello ancora da fare e si valuta il proprio senso dell’ordine oppure la propria approssimazione o imperizia nel prevedere i pesi e il vestiario. 
Ogni sosta inizia con una scomposizione del gruppo. Una pausa tacita e condivisa in cui ognuno riacquista una sua libertà, ritrova per un po’ l’intimità delle poche cose che ha portato con sé, recupera i gesti della quotidianità. Nella sosta ascoltiamo il corpo dopo le ore di cammino: i dolori delle gambe, gli scricchiolii delle ginocchia e delle caviglie, gli indolenzimenti della schiena per gli spallacci dello zaino. C’è chi cerca ristoro in una doccia, nel breve riposo sul letto, oppure nella telefonata ai cari. C’è chi sceglie la solitaria contemplazione di un panorama, la fugace visita al luogo in cui si è arrivati, il lavaggio e la stenditura di una maglietta, la lettura di un libro o di un quotidiano. La sosta in un cammino comincia con un silenzio, con un ritrovare sé stessi dopo essersi sentiti perduti per strada.
E’ l’appetito  - quando non è vera fame - che riporta ognuno nel gruppo, all’ora stabilita. Quando si cammina la cena è il pasto della giornata e la lunga tavolata di ogni sera delimita, per longitudine e latitudine, lo spazio di una convivialità al cui interno il gruppo si scompone e ricompone continuamente seguendo strane e casuali traiettorie e alchimie; dove si incontrano sguardi e voci, dove urla e risate si alternano a momenti di coralità generale, dove a discussioni accese tra alcuni corrispondono confidenze tra altri; dove si mescolano racconti di escursioni, scambi di vita lasciata a casa, promesse di incontri futuri. Il cibo e il vino copiosi passano di mano in mano, come gustosi testimoni di questa calda socialità e accompagnano e insaporiscono le parole, i discorsi, le storie. I brindisi ripetuti e gli sguardi incrociati finiscono quando la stanchezza della giornata torna a prendere il sopravvento e il gruppo si scioglie.
Qualcuno guadagna il letto. Qualcuno guadagna la penombra di un tavolo dove sfidarsi in improbabili partite a carte, sperando che la giornata e la compagnia non finisca mai. Qualcuno guadagna la notte in un’ultima passeggiata per ritrovare la pulizia dello sguardo nelle tante sfumature del buio, lontano dalle luci domestiche, per restituire l’udito al silenzio, per stemperare la pelle accaldata nel freddo della notte, per ingoiare a pieni polmoni la brezza notturna, mescolandola con il sapore del vino. Un ultimo tributo alla natura prima di consegnarsi pacificati al sonno.

La fotografia è di Cristina Panicali

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