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La neve fa il paesaggio in negativo |
Una escursione continua anche quando si è rientrati a casa. Basta prendersi il
tempo per riavvolgere la pellicola degli ultimi due giorni passati in Appennino.
Si può fare con la penna, con la tastiera o anche con la mente, richiamando alla
memoria i tanti momenti che scandiscono un’escursione: il ritrovo in stazione, la salita da
Porretta, la prima neve lungo il percorso, la luce del
sole nel bosco di pini silvestri, il panorama sul
Corno alle Scale,
l’arrivo al
Rifugio Monte Cavallo e la cena abbondante preparata da Maria
; la
sveglia all’alba, il the caldo di Ivan, la ripida discesa da
Monte Pianaccetto
nella neve vergine, il pranzo al sacco nel castagneto abbandonato di
Case Calistri; lasciare la neve e ritrovare la terra, il borgo fantasma di
Banditelli, il sentiero smarrito a
Casa Poli, l’attesa del treno nel freddo e
nella penombra di
Biagioni, i saluti in stazione. Il tempo trascorso assume così un senso compiuto. Una compiutezza che nasce dalla sensazione che
gli eventi abbiano avuto un’inizio e una fine, una logica in cui
trovano posto le persone e i comportamenti, la natura e il paesaggio, la fatica
e la tensione, le risate e i silenzi ma anche l’imprevisto e l’incidente,
conferendo senso e pregnanza ad ogni momento. E’ come se il
tempo fosse più tempo. E’ come se la vita fosse più vita. E’ questo che
intendiamo con la parola
esperienza e il senso di questa esperienza la
possiamo chiamare
avventura; nel senso etimologico del termine: ciò che ci viene incontro, come un destino.
Possiamo dire altrettanto
della nostra vita quotidiana? Possiamo ritrovare questa compiutezza di senso in
ciò che facciamo abitualmente nel vivere?
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