Luigi Ghirri - Alpe di Siusi |
"L’attività escursionistica sta riscuotendo, in questi anni di spaesamento,
un grande interesse sotto il profilo della domanda di turismo alternativo. Il
bisogno di conoscenza del territorio sembra interessare fasce sempre più larghe
di utenza, soprattutto laddove cresce l’esigenza di ritrovare dimensioni
nascoste in aree che, fino ad un recente passato, venivano rubricate come ovvie
e scontate o ridotte alla stregua di declinazioni banali del deja vu. La ricerca dell’altrove ha rappresentato, da sempre, una delle ragioni più
forti di spostamento per i gruppi umani alla scoperta dell’esotico. Non deve
trarre in inganno il fatto che, nella nostra società tecnologica, si viaggi
molto, nonostante che la cultura del viaggio attraversi un forte declino. Paradossalmente,
proprio nel momento storico in cui tutti viaggiano, in realtà pochi
realmente viaggiano. La ricerca dell’esotico, anche per la facilità dei mezzi
di comunicazione e di trasporto, è diventata un falso esotico di lontananza
in cui la distanza geografica sembra annullata dall’omologazione culturale e di
costume. La successione seriale di non-luoghi offre scenari sempre più
spersonalizzati e mortifica quella libidine della scoperta e della conoscenza
che la narrazione omerica ci ha consegnato. Per queste ragioni, legate alla
crescita esponenziale dell’inautenticità del viaggio turistico, sta emergendo
la voglia di conoscere ciò che ci sta vicino e che rappresenta ormai una dimensione esotica di prossimità. L’escursionismo montano può diventare,
allora, una risposta intelligente di fronte ad un preoccupante ed inarrestabile
processo di de-territorializzazione. La stessa parola escursionismo
denuncia una volontà di uscire fuori dai confini materiali e simbolici, di
aprirsi all’alterità delle relazioni umane e, soprattutto, all’altrove di
luoghi ritrovati nella loro specifica identità e storia.
Ma, per soddisfare
questa esigenza esistenziale di autenticità e libertà dal bisogno, occorre
andare oltre la necessità dello spostamento utile richiesto dai negotia.
Occorre, infatti, predisporsi culturalmente verso quegli otia che
conferiscono senso ulteriore alla vita e che aprono verso percorsi fisici e
mentali non dualistici ed oppositivi. Percorsi incentrati sul primato del
camminare quale pratica culturale, dove l’uso dei piedi rappresenta l’appendice
e la protesi strumentale della mente diuturnamente sedotta dalla ricerca del
nuovo. L’esperienza del camminare, intesa come metafora dell’intelligenza
creativa del leggere dentro (intus-legere), non si apparenta perciò
con la performance atletica e sportiva del podista orientato al
risultato misurabile. Pur restando imprescindibile il legame con il terreno -
che soltanto il camminare restituisce - l’esperienza escursionistica
dell’andare oltre diventa la traduzione qualitativa di un tempo liberato
dall’oppressione del dato quantitativo (lavorativo, sportivo ecc.)."
Annibale Salsa, antropologo culturale e Past President del Club Alpino Italiano
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