Il Barba |
“Un incontro è un’occasione
di conoscenza reciproca tra almeno due persone che si ritrovano volontariamente o casualmente, in un luogo.” Così recita la voce di un dizionario.
La
nostra vita quotidiana è costellata di incontri. Nella vita professionale sono
oggetto di una organizzazione a volte attenta e meticolosa al cui centro sta un
obiettivo, un risultato più o meno esplicito;
dove le persone che incontriamo sono interlocutori da conoscere o da
convincere, ruoli da rispettare; dove il luogo, nella migliore delle ipotesi, è
una scenografia da allestire perché
l’incontro sia efficace, il risultato sia centrato, l’utile garantito.
Quando
si è in cammino invece gli incontri fanno parte molto spesso della categoria
dell’imprevisto. Danno ad una escursione il sapore dell’avventura, il gusto di
una esperienza autentica, il significato di un dono inatteso e gratuito,
l’occasione di uno scambio di esistenze. Anche in questo caso però per fare un
incontro occorrono un luogo e almeno due persone.
Lungo il cammino da Barbiana a Monte Sole
è l’incontro che fa il luogo e ancora di più lo fa la memoria dell’incontro. E’
così che Mendicanti, da anonima
località geografica di Monzuno, diventa il luogo dove dodici persone hanno incontrato
sul loro sentiero Il Barba.
Ad
un incontro si arriva sempre e all’incontro con il Barba siamo giunti scendendo da Monte Venere, lungo il sentiero CAI 55, passando per Caselina, Molino dei Bigoni, Rio
Maggio. Si lascia il crinale ancora in mano all’inverno e si scende
dolcemente cominciando ad assaporare i primi odori e i nuovi colori della
primavera. Ma nella discesa, quando si è ancora immersi nella macchia, sorprende
e quasi spaventa il frastuono rombante degli automezzi che sale dalla Val di Setta. Il contrasto tra il
rumore assordante dei motori e i suoni naturali della collina abbandonata si fa
largo tra i rami lasciando intravvedere la striscia d’asfalto dell’Autostrada
del Sole come un solco netto e curvilineo che incide il fondovalle. Quando si
è ormai prossimi a Gardelletta il
sentiero sembra perdersi in un frutteto
inselvatichito e poi accostarsi ad un capanno, girargli intorno ed entrare in
una piccola corte erbosa racchiusa tra una vecchia casa in sasso un po’ malandata, una tettoia in legno, un recinto dove un cane da caccia abbaia
festoso e uno stradello che conduce, più in basso, ad un orto. E’ in quella
corte che ci accampiamo, distesi sull’erba, a consumare il boccone del pranzo
con gli avanzi della sera precedente. E’ su questo proscenio, è davanti a
questa platea che fa la sua comparsa Il
Barba. Alto, canuto e grosso. Vestito come un operaio con pantaloni frusti,
una cintura di pelle consunta che trattiene a fatica un addome prominente in una
maglia che si fa stretta ai movimenti. Il volto largo e rubizzo, solcato da
rughe profonde, circondato da una lunga barba candida e sormontato da capelli in
disordine. Il sorriso a bocca larga non nasconde i vuoti tra i denti ma neanche
la gioia di accogliere qualcuno nella sua corte. E accoglienza per Il Barba vuol dire prima di tutto l’occasione
per condividere una bottiglia del suo vino, il rosso prima e il bianco poi. E quelle
due bottiglie segnano il centro del nostro incontro, disegnano il perimetro
circolare intorno a cui ascoltiamo i suoi racconti e da cui partiamo a turno
per rifornirci di vino. E le storie del Barba
parlano prima di tutto della miseria e della fatica delle famiglie della valle
che prima e dopo la guerra vedevano i figli fare i garzoni in campagna, le figlie
scendere in città come serve nelle case dei signori e gli uomini spesso morire minatori per aprire le gallerie della Direttissima Bologna-Firenze. Parlano del lungo inverno del ’44 in cui la linea del fronte sì fermò con le sue
profonde distruzioni. Parlano di un nuovo lavoro, ma sempre di fatica, come muratore
alla ricostruzione della Direttissima prima e dell’Autostrada del Sole poi. Grandi opere hanno trasformato il paesaggio
della Val di Setta, sconvolto la vita delle persone e delle comunità subendo la
retorica del fascismo prima e scegliendo la promessa della modernità, della velocità e
del benessere poi. Gli anni del miracolo economico hanno segnato definitivamente il tramonto
del mondo contadino e non ancora si vuole ammettere che i conti, nella
partita doppia del progresso, non sono tornati pari per tutti gli uomini e per
la natura. Un’altra sensibilità e un’altra attenzione vi è oggi e un’altra
memoria vi sarà domani per le storie dei nuovi minatori di un Mugello sotto sopra e per i nuovi disastri ambientali della Variante di Valico. Ma i conti continuano a non tornare nella Val di Setta.
In questo incontro, di
quegli anni lontani e delle attuali trasformazioni cosa ci
rimane? Il frastuono nel bosco mentre si scende da Monte Venere; l’immagine di un
paesaggio violato nel nostro sguardo acquietato di camminatori distratti;
il volto del Barba, solcato da quelle
rughe profonde come il nastro nero e curvilineo dell’autostrada nel fondovalle e come il vecchio sentiero abbandonato che scende da Trappola a Caselina.
Nella casa del Barba |
Perché
nel volto del Barba, nonostante gli
anni, brilla una luce particolare che si accende quando parla del suo cane, delle
interminabili battute di caccia risalendo verso il crinale, delle mangiate di
selvaggina e delle colossali bevute in compagnia; quando mostra orgoglioso la cantina
e gli insaccati che pendono dal soffitto come fosse il suo rifugio e il suo
paradiso; quando allude ammiccante alle tante avventure e abbraccia orgoglioso
la donna minuta con cui vive da sessant’anni; quando ti dice con fierezza che
per oltre ottant’anni ha ingoiato la vita ma capisci che non ne è stato inghiottito.
Un volto antico e moderno, autentico e ironico, umano e selvatico insieme.
"Un incontro è un’occasione di conoscenza
reciproca tra almeno due persone che si ritrovano volontariamente o
casualmente, in un luogo.”
Così recita la voce di un dizionario. Per
questo incontro del luogo si è detto; di una persona come Il Barba, anche; di
noi… che dire?
Le fotografie sono di Cristina Panicali
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