mercoledì 8 gennaio 2014

Un paesaggio nella memoria

“… In questi piatti paesi quello che difende
dal falso il cuore è che in nessun luogo ci si può celare e si vede
più lontano. Soltanto per  il suono lo spazio è ostacolo:
l’occhio non si lamenta per l’assenza di eco.”

In questi versi di Josif Brodskij, dedicati alla sua terra natale, ho ritrovato, nella loro bellezza, il ricordo di pensieri simili per il paesaggio di pianura in cui sono nato e cresciuto. Ed è un pensiero che mi accoglie le volte che vi ritorno e mi capita di camminare lungo la strada bianca che passa dietro al cimitero, dove è sepolto mio padre e dove da ragazzo ogni giorno correvo, ossessivo, a misurare la distanza delle mie fatiche sportive. Oggi, a passo più lento, incrocio camminatori e ciclisti e ricordo a stento qualche volto e qualche storia. Riconosco al primo sguardo invece la cuspide aguzza del campanile, la forma tozza e squadrata del torrione estense e il più moderno serbatoio dell’acquedotto. Seguo il corso del canale Naviglio dove aironi e gabbiani vengono a svernare in cerca di cibo nei campi a coltivazione intensiva  che si stendono a vista d’occhio fino alle curve rotonde dei Colli Euganei  o al profilo increspato dell’Appennino.
Ieri come oggi,  a camminare in questa parte di pianura, troppo  è concesso alla vista che non incontra ostacoli sul suo cammino, non inciampa e non indugia, non conosce l’incerto o il mistero se non nella vacuità della nebbia o nel buio della notte.  Si finisce così col sentirsi  allo scoperto, senza scampo, senza un luogo in cui nascondersi, che non siano case basse, senza possibilità di nascondere nulla allo sguardo di un dio lontano o, peggio ancora, di un cielo vuoto.  E i suoni, le parole degli uomini come le voci degli animali, persino  i rumori dissonanti delle attività, tanta vastità di campo li disperde, li assorbe e  li riconduce presto al silenzio, alla calma piatta di questo mare largo di terra.Viene così il giorno in cui si desidera vedere dove ha termine questo mare, quale terra s’innalza sopra le nostre teste, dove il passo è disposto a seguire lo sguardo e dove l’eco rimbalza e risuona nello spazio fino al frastuono in cui si finisce col perdersi.
E così si ritorna al silenzio di questo paesaggio nella memoria.

Nessun commento: