martedì 14 gennaio 2014

Un corridoio umanitario naturale


Paesaggio Protetto Colline di San Luca
La notizia è dei giorni scorsi ed è di quelle buone, rara di questi tempi: le colline di San Luca saranno un paesaggio protetto. La salvaguardia della collina bolognese ha una lunga storia. La strategia urbanistica degli anni ’60 del secolo scorso, impostata da Campos Venuti, ha informato i piani regolatori e le varianti  nei decenni successivi determinando un imprinting preciso nel paesaggio di Bologna. Basta oggi percorrere ad alta velocità l’Autostrada del Sole da Milano e il Colle della Guardia e la Chiesa di S. Luca dicono che sei arrivato a Bologna, riorientano lo sguardo sui confini della città tra la Garisenda e gli Asinelli, le Torri di Kenzo Tange e la nuova Torre Unipol e di notte guidano come un faro in un campo visivo spaccato in due tra una pianura che a destra brilla di inesausta elettricità e a sinistra la quieta massa naturale dell’Appenino, avvolta nell’oscurità. 
Dopo l’approvazione definitiva da parte della Provincia verrà quindi istituito il Paesaggio naturale e seminaturale protetto «Colline di San Luca», che non solo costituirà un vincolo urbanistico per tutti gli strumenti di programmazione territoriale dei  comuni toccati dall’area protetta, ma sarà la premessa per accedere a finanziamenti statali ed europei per i progetti di qualificazione agricola, ambientale e turistica di questa porzione di territorio, senza dei quali la sola tutela rischia di essere percepita come uno sterile ed insensato obbligo. 
Bologna valorizza così la sua soglia di accesso all’Appennino, quel territorio di confine e di passaggio tra ambiente urbano, seminaturale e naturale che consentirà, anche e soprattutto a chi ama camminare, di passare dai portici di Bologna al crinale del Contrafforte Pliocenico,  dai Giardini Margherita ai Boschi di San Luca, dai Sostegni del Navile alla Grada, al Parco della Chiusa, dalle rosse architetture dello Stadio Dall'Ara al grigiore argilloso dei calanchi, dalla tangenziale e dall’Asse Attrezzato ai panorami sulle Valli del Reno e del Setta. 
Da lì l’escursionista potrà raggiungere il sistema dei parchi e delle riserve naturali del bolognese senza soluzione di continuità, dal Parco regionale Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa, al Parco storico regionale di Monte Sole, alla Riserva naturale del ContraffortePliocenico oppure intraprendere il più lungo cammino della Via degli Dei fino a Firenze.
Forse non è elegante e forse è anche un po’ triste a dirsi ma è come se questo paesaggio protetto fosse un corridoio umanitario e naturale per gli abitanti di questa città che vogliono guadagnare la collina, seguendo a ritroso le orme di animali come il lupo, che da tempo hanno scelto questa lingua di terra per spingersi fino alle soglie della città in cerca di cibo. Abbiamo bisogno di proteggere e di coltivare il nostro passo e il nostro sguardo dal momento in cui usciamo di casa a quello in cui sentiamo il piede incontrare il terreno che sale, come nelle piccole passeggiate fuori della porta. Abbiamo bisogno di contrastare lo sguardo distratto e crudele che cancella dall’urbano quotidiano la profondità del passato. Abbiamo bisogno di attraversare con un cammino malfermo e di esplorare con mente inquieta quella terra di nessuno fatta di spazi incolti e marginali, residuati urbani della pianificazione umana e ripopolati da una natura nuovamente selvatica e che non si chiama più periferia ma terzo paesaggio. Abbiamo bisogno  di costruire nuovi sentieri che mettano in comunicazione tra loro il paesaggio urbano e quello naturale senza che la città abbia solo il volto della produzione, della distrazione di massa e dello spaesamento interiore e la collina quello speculare del riposo dopo la competizione oppure di un illusorio ritorno alla natura nei fine settimana mentre l'impoverimento e l’indifferenza occupano gli altri giorni dell’anno.
Forse abbiamo bisogno di essere forestieri in casa e indigeni fuori della porta.

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